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La tacchina, storia calabrese dalle Fiabe italiane raccolte da Italo Calvino

Raccolta a Palmi, in provincia di Reggio Calabria, questa fiaba è particolarmente originale. La fonte è Letterio di Francia, Fiabe e novelle calabresi (1929-1931).
I richiami, specie nella seconda parte, sono molti. In particolare la storia assomiglia a quella toscana di Uliva, ma la perseguitata dalle mani mozze è presente anche nelle fiabe dei Grimm (La fanciulla senza mani n.31) e nelle Mille e una notte.
Altro tema centrale quello del parto mostruoso (perfidi personaggi che mentono al re assente circa i figli partoriti dalla regina) presente anche nella celeberrima Uccel bel-verde.
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Più complessa e articolata di molte altre, questa fiaba è, secondo l’interpretazione di Calvino, di origine più recente, grazie anche alla presenza tra i personaggi di un Milord inglese (del resto figura che gode di una certa popolarità nel folklore meridionale). La tacchina del titolo è solo una comparsa, importante però perché consente a due fratellini orfani (un maschio e una femmina) di scoprire le origini nobili, addirittura regali, dopo anni di privazioni e povertà.
Tornato il maschio al suo ruolo di Re, si marita con una bellissima ma poverissima ragazza che vede con ostilità la presenza importante in casa della sorella del marito e fa in modo che questi dia l’ordine di ucciderla. In realtà gli sgherri incaricati dell’omicidio hanno pietà e le mozzano solamente le mani in modo da portare una prova al Re dell’avvenuto misfatto, lasciandola libera. Aiutata dal Lord inglese e presa nella sua casa, la giovane fa innamorare un re di passaggio, lo sposa e partorisce due figli mentre lui è via. Ma la disgrazia incombe ancora: i ministri del Regno la fanno allontanare con i due bimbi, dicendo al Re lontano che la donna ha partorito due cagnolini ed è fuggita con questi. E qui troviamo la parte della storia che si ritrova in altre fiabe popolari: la donna con le mani mozze non può sorreggere i due bambini che cadono nell’acqua, ma grazie alla bontà di un vecchio (in realtà San Giuseppe) che glielo suggerisce, immerge i moncherini nella pozza e miracolosamente le mani ricrescono permettendole di salvare i figli. Disperati, il fratello (pentito) e il marito (affranto) casualmente si ritrovano dopo anni in un bosco, vicino alla casa del vecchio, dove trovano riparo, ritrovando così al tempo stesso sorella e moglie e i due bambini sani e salvi.



John Everett Millais - Ofelia


22 gennaio 2010 Di Giulia Mozzato

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